Inalca ha presentato in Expo il Bilancio di sostenibilità

Grazie al completo controllo della filiera, oggi Inalca ha potuto realizzare in modo puntuale ed analitico il Bilancio di Sostenibilità 2014, redatto in conformità allo standard internazionale GRI-Global Reporting Initiative (versione G4, opzione “in accordance core”) e basato sui quattro caposaldi costituiti dalla Condivisione del valore con il mondo agricolo, realizzazione di una Filiera integrata e sostenibile, Controllo degli impatti e consumi e Governance dei processi aziendali.

Dai numeri del Bilancio di Sostenibilità emergono dati interessanti che dimostrano nei fatti l’impegno di Inalca nei tre ambiti – economico, sociale e ambientale – in cui si declina la sostenibilità. Per esempio, il Valore generato e distribuito, primo indicatore del valore creato dall’impresa per i propri stakeholder, risulta pari al 96,5%, a dimostrazione dell’alto tasso di sostenibilità economica di Inalca.

Per quanto riguarda l’ambiente, dal punto di vista del risparmio energetico e dell’utilizzo delle fonti rinnovabili, Inalca autoproduce oltre il 70% del proprio fabbisogno energetico tramite la cogenerazione industriale e la produzione di energia verde (biogas) ottenuta dalla trasformazione degli scarti: la produzione da energia verde è pari a 6,43 GWhe all’anno. Complessivamente, il contributo di Inalca al cambiamento climatico è quantificabile in una riduzione di emissioni di CO2 pari a 40.000 ton non emesse in atmosfera nell’ultimo quinquiennio.

Il 99% dei rifiuti è avviato a raccolta differenziata e sono oltre 7.000 le ton/anno di compost prodotte dagli scarti di lavorazione e recuperate in agricoltura come fertilizzante organico.

Importante il dato sugli imballaggi, realizzati per il 90% con carta riciclata, e quello sul riciclo dell’acqua: ben 82.000 mc di acqua depurata vengono recuperati ogni anno, e oltre il 90% degli approvvigionamenti idrici sono gestiti direttamente dall’azienda, assicurando una gestione senza sprechi della risorsa idrica.

Il Bilancio di Sostenibilità completo è consultabile sul sito www.inalca.it (sezione Qualità e Ambiente).

Riportiamo di seguito il servizio di pubblicato sul sito Newsfood.com

Inalca e Coldiretti: alleanza per la zootecnia italiana

Inalca, società del Gruppo Cremonini leader europeo nella produzione di carni bovine, che  presidia l’intera filiera produttiva, dagli allevamenti alla lavorazione della carne fino alla distribuzione del prodotto finito, e Coldiretti, la più importante organizzazione del mondo agricolo italiano, hanno siglato un’alleanza per condividere metodi di produzione, procedure di controllo, valore economico e strategie da porre alla base della filiera produttiva delle carni bovine italiane.

Di seguito il servizio dell’agenzia AdnKronos, che illustra l’accordo tra Inalca e Coldiretti presentato a Milano in Expo.

Gli alimenti e il consumo di acqua

Già da tempo si sente parlare di emissioni di CO2 equivalente legate al ciclo di vita dei prodotti. Il cosiddetto “carbon footprint”, o impronta di carbonio. Negli ultimi anni si inizia a parlare anche di consumo di acqua, il Water Footprint, che misura l’utilizzo di acqua dolce consumato per produrre un prodotto, sommando tutte le fasi della catena di produzione. Il termine “virtuale” si riferisce al fatto che la grande maggioranza dell’acqua utilizzata per realizzare il prodotto non è contenuta fisicamente nello stesso, ma è stata consumata durante l’intero ciclo di vita.

La metodologia impiegata per la misura dell’indicatore è stata elaborata dal Water Footprint Network, organizzazione no profit di riferimento che opera a livello internazionale per standardizzare il calcolo e l’utilizzo di questo indicatore di impatto. Il Water Footprint di un prodotto tuttavia è dato dalla somma di tre componenti alle quali corrisponde un diverso impatto sull’ambiente:

1. la green water: volume di acqua piovana evapotraspirata dal suolo e dalle piante coltivate;

2. la blue water: volume di acqua proveniente da corsi superficiali o falde sotterranee, impiegato lungo la filiera produttiva ma che non viene restituito al bacino di prelievo (include sia l’acqua di irrigazione che quella diprocesso

3. la grey water: volume di acqua eventualmente inquinata durante la produzione e misurato come il volume di acqua teoricamente richiesto per diluire gli inquinanti per riportare l’acqua stessa agli standard di qualità naturale.

Ovviamente nelle filiere agroalimentari, la voce più rilevante ma anche più complessa da valutare è la componente di green water, in quanto strettamente collegata alle condizioni climatiche locali e al tipo di specie coltivata e dalla sua resa produttiva. Pertanto è facile intuire che il valore di green water di un prodotto può cambiare molto, sia da regione a regione, sia da anno ad anno, senza che questo necessariamente significhi un diverso impatto sull’ambiente.

Per quanto riguarda l’impatto ambientale, l’approfondimento dei dati di utilizzo dell’acqua permette di mostrare come solo il 10%* dell’acqua necessaria a produrre un chilogrammo di carne venga effettivamente “consumata”: la restante quota (90%)* fa parte del naturale ciclo dell’acqua (green water), come acqua piovana.

“Per un alimento il contributo più rilevante nel calcolo della water footprint è fornito proprio dalla green water in quanto fonte rinnovabile e tra le più sostenibili – ha dichiarato Ettore Capri, Direttore del Centro di ricerca per lo sviluppo sostenibile (Opera – UCSC). – Quindi, per qualsiasi coltivazione agricola, comprese quelle finalizzate a produrre alimenti per animali, maggiore è il contributo di acqua piovana (green water) rispetto alle altre sorgenti idriche, minore sarà il valore di impronta idrica e quindi l’impatto ambientale, proprio come nel caso delle produzioni di carne. L’impiego di tecnologie avanzate di gestione dell’acqua (ad es. il recupero e la depurazione) e l’utilizzo di moderne tecniche di distribuzione in zone vocate all’attività zootecnica tipiche delle produzioni italiane, rendono le produzioni zootecniche tra le attività antropiche più sostenibili”.