La vicenda: esportazione a Cuba

Nel 2004 Inalca effettua un’esportazione di carne in scatola verso la Repubblica di Cuba, in virtù di un contratto stipulato con Alimport, l’ente cubano addetto alle importazioni.

Anche in questo caso, la redazione di Report accusa la società di aver inviato a Cuba carne non idonea al consumo umano.

Innanzitutto, ciò che non è stato detto è che, prima dell’esportazione, era stata verificata la perfetta idoneità del prodotto eseguendo tutti i controlli prescritti dalla normativa di settore e che il problema è stato originato dalla rottura accidentale di poche scatole durante il trasporto e lo stoccaggio sul territorio cubano.

In particolare sui prodotti in oggetto, provenienti dallo stabilimento di Rieti, prima della spedizione erano stati effettuati:

– controlli di processo eseguiti direttamente a carico della nostra azienda, che interessano ogni fase della produzione e che comprendono anche esami di laboratorio per la sterilità del prodotto finito;

– controlli sanitari da parte della AUSL (Servizio veterinario di Rieti), con l’attestazione che i prodotti esportati a Cuba “sono stati preparati con carni fresche”;

– controlli doganali da parte della Agenzia Doganale di Terni, consistenti nel prelievo e nell’analisi chimica di campioni di materia prima e di prodotto finale (in questo caso le scatolette confezionate) e che hanno attestato la piena conformità del prodotto;

– ulteriori controlli al momento del confezionamento da parte di Inspekta, ente cubano direttamente e preventivamente incaricato dall’acquirente Alimport. Anche queste verifiche hanno dato esito assolutamente favorevole, provando nuovamente il rispetto delle prescrizioni normative e contrattuali.

L’ente cubano Alimport ha richiesto al Gruppo Cremonini che una parte dei prodotti in questione fossero riesportati verso altri Paesi Terzi esclusivamente a causa di un contenzioso di carattere commerciale originato dalla constatazione che poche decine di carne in scatola ricevute, su un carico di svariate centinaia di migliaia, presentavano alterazioni alla confezione. Dopo aver eliminato le scatole danneggiate ed aver accertato l’assoluta salubrità del prodotto, le parti hanno posto fine al contenzioso commerciale con l’accordo alla riesportazione di una parte della merce. Nulla a che vedere con eventuali motivi sanitari come, viceversa, insinuato dalla trasmissione Report.

Anche su tale parte di prodotti da riesportare sono stati effettuati ulteriori controlli dall’Istituto Superiore di Sanità di Roma, da enti cubani (Cubacontrol e gli Uffici Provinciali del Ministero della Salute Pubblica Cubano) e da Bureau Veritas, ente di riferimento mondiale nel settore della certificazione. Quest’ultimo, nelle sue conclusioni, ha precisamente accertato che “i prodotti in scatola non presentavano alcun inconveniente per quanto riguarda l’idoneità al consumo umano e che avevano mantenuto le originarie caratteristiche organolettiche e sanitarie”.

Il clamore mediatico sollevato da Report ha fatto venir meno la possibilità di esportare i prodotti in Angola. Alla fine una parte significativa del carico è stato comunque accettato dalla cubana Alimport, mentre il resto è stato regolarmente commercializzato sul mercato di altri Paesi Terzi.

Questi sono i fatti. Nemmeno in questo caso esiste dunque una ragione fondata per accusare il Gruppo Cremonini di comportamenti spregiudicati o, ancora peggio, di frode, truffa o attentato alla salute umana.