Carne e allevamento: le fondamenta dell’evoluzione dell’uomo

La pratica di consumare carne ha un ruolo fondamentale nell’evoluzione dell’uomo, evoluzione che, sotto diversi punti di vista, ha accompagnato l’essere umano attraverso i millenni, contribuendo nel tempo a farci raggiungere l’aspetto attuale e a porre le basi storiche della società e della cultura.
Un recente studio (Earliest Porotic Hyperostosis on a 1.5-Milion-Year-Old Hominin, Olduvai Gorge, Tanzania, 2012) afferma che dal Paleolitico inferiore, momento storico in cui l’uomo ha integrato la propria dieta a base di vegetali con l’assunzione di carne, si è verificata un’importante svolta evolutiva per l’umanità: lo sviluppo e la diffusione delle attività di caccia hanno, infatti, favorito lo sviluppo cognitivo, fisiomorfologico e anatomico dell’uomo creando le basi per fondamentali cambiamenti sociali.
Se da una parte la caccia, pratica che implicava capacità di comunicazione, pianificazione e organizzazione, ha contribuito allo sviluppo dell’intelligenza degli ominidi, dall’altra un’alimentazione a base di carne ha determinato dei cambiamenti nella struttura corporea e fisiologica degli stessi, rendendoli ancor più adatti ai lunghi spostamenti e favorendo, quindi, l’opportunità di esplorare e colonizzare nuove aree.
L’uomo, verso la fine del Pleistocene, ha iniziato a dare vita alle prime forme di civiltà sostituendo l’azione “predatrice” nei confronti dell’ambiente con l’allevamento del bestiame e l’attività di raccolta con la coltivazione del terreno: le prime zone impiegate per l’allevamento furono le stesse che videro la nascita dell’agricoltura.
Come abbiamo visto è da millenni che gli animali rappresentano una risorsa alimentare ed energetica fondamentale che incide positivamente sull’aumento della durata della vita e della fertilità.

Con il successivo sviluppo delle prime grandi civiltà, l’alimento carne si è distinto come aggregatore sociale, cardine di simbologie religiose, prestigio, benessere, attraversando le principali epoche storiche che l’hanno vista protagonista, non soltanto a tavola. Il banchetto a base di carne per gli antichi greci era occasione di convivialità tra gli uomini e gli dèi, per i nobili e la borghesia dell’antichità romana era segno di grandezza e prestigio.
Nel Medioevo la carne assunse un ruolo sociale e simbolico talmente rilevante da essere paragonabile a quello del pane, la cui forte valenza religiosa era legata al rito dell’eucaristia cristiana. Con la scoperta dell’America la tavola degli italiani si arricchì ulteriormente: tra i nuovi alimenti importati, oltre a pomodori e patate, arrivò anche il tacchino. Durante il Rinascimento, con il rifiorire delle arti, la cucina cominciò a farne parte, attraverso una ricerca gustativa e visiva.
Con la rivoluzione industriale, verso la fine del XVIII secolo, c’è stata una redistribuzione demografica in favore dei centri urbani e, con la nuova professione dell’operaio/cittadino, si è verificato anche un progressivo allontanamento dalla campagna e dalle mansioni del contadino/allevatore, legate soprattutto alla lavorazione della terra e all’allevamento animale.
Disporre del cibo necessario alla propria sopravvivenza è stato storicamente il principale problema delle classi sociali disagiate, problema destinato a scomparire progressivamente con il dopoguerra: è solo con gli anni del boom economico che i prodotti alimentari di pregio (carne, latte, formaggi) diventano accessibili a tutti, lo stato nutrizionale migliora e le malattie da carenza scompaiono.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *